Tutta l’attività degli anni venti è segnata dai “Monumenti ai Caduti”. La conclusione della guerra vittoriosa ha lasciato nella nazione i noti strascichi: crisi economica, problemi di riconversione industriale, frustrazioni, ….., soprattutto il peso dei seicentomila italiani che dal fronte non fecero ritorno alle loro case ed alle loro famiglie. Al di là della retorica della vittoria, di ideali condivisi o meno, è presente in tutti il senso di enorme rispetto per questi uomini che in maniera così tangibile rappresentano il pesante prezzo che il popolo italiano ha pagato. Il lutto forse per la prima volta colpisce capillarmente dalle Alpi alla Sicilia ed in tutti i ceti; ogni città, ogni comune, ogni parrocchia ha i suoi caduti e vuole dedicare a loro un monumento che sia onore per loro e monito per le generazioni future.
Luigi Venzano partecipa a molti concorsi. Con fervida fantasia modella bozzetti e studi, sempre cercando di legarli alla situazione locale; le relazioni, che accompagnano i bozzetti descrivendone lìidea, sono intonate al clima letterario-artistico del momento.
Speranze, delusioni; sempre tanto entusiasmo.
La sera del 30 novembre 1921 riceve da Porto Maurizio un telegramma che lo invita a presentarsi per “definire” in relazione al locale erigendo monumento ai caduti. E’ un concorso nazionale, cioè aperto a tutti gli artisti italiani. La giuria è stata designata dal presidente dell’Accademia di Brera di Milano ed è composta dallo scultore E. Quadrelli e dagli architetti G. Graziosi e G. Moretti. I nomi dei concorrenti sono segreti e le opere sono contraddistinte da un motto. Luigi Venzano ha presentato due bozzetti. Si leggerà poi dai verbali della giuria che le sue due opere sono classificate ai primi due posti! Dopo l’apertura della busta c’è qualche perplessità nella giuria sulle capacità plastiche di questo giovane scultore assolutamente sconosciuto. Ci sono anche alcuni suggerimenti di natura architettonico-urbanistica. Luigi Venzano accoglie questi ultimi, studiando una nuova ambientazione, ed invia fotografie di alcuni lavori. La risposta definitiva della Giuria è immediata e più che positiva. Alla fine del 1921 Luigi Venzano può mettere mano al suo primo grande lavoro. L’ARA SACRA di Porto Maurizio sarà inaugurata il 4 novembre 1924 alla presenza di Margherita di Savoia, la Regina Madre. Un foglio speciale, edito per l’occasione dal comitato, traccia anche una breve biografia dell’Autore, preannunciando per lui un grande futuro.
Mentre sta lavorando al monumento ai caduti di Porto Maurizio ottiene, ancora a seguito di concorso nazionale, l’assegnazione del Monumento di Savona. E’ un concorso anche finanziariamente molto più dotato. A giudicare i bozzetti è stata chiamata una commissione composta dagli ingegneri Coppedè e Rigotti e dallo scultore Marbelli. Luigi Venzano presenta un’opera contraddistinta dal motto RINTOCCHI, MEMORIE. Accompagna il bozzetto con due particolari di teste, sviluppati a grandezza definitiva. Una campana, copia fedele dell’antica “campanassa” e simbolo della città di Savona, è sostenuta da due gruppi di figure che rappresentano l’inizio e la fine del conflitto. La campana suona tutte le sere, all’imbrunire, invitando tutti a meditare sul sublime valore del sacrificio affrontato per un ideale ed insieme per ricordare l’elevato prezzo di sangue che le guerre chiedono ai popoli.
Anche in questo caso il verdetto è unanime!
La realizzazione del monumento di Savona impegna Luigi Venzano a fondo e pesantemente. L’impresa è notevole, anche sul piano delle dimensioni. Dal bozzettino del concorso passa ad un modello in scala con figure alte circa un metro. Lo sviluppa in tutti i particolari; le figure sono studiate singolarmente, con una particolare cura dello studio anatomico, anche per quelle che poi risulteranno vestite. Sono anche subito armonizzate nel complesso, in quanto la scala scelta è tale da consentire anche la visione di assieme. Il lavoro è duro, ma lo soddisfa. Il passaggio alla dimensione definitiva non si rivela banale. Anzitutto problemi di spazio: lo studio di via Galvani è chiaramente insufficiente. Pensa ad un tendone, da sistemare nel terreno prospiciente lo studio. Gli viene in aiuto il direttore dello Stabilimento Ansaldo, l’ingegner Luigi Segala, un manager valtellinese con l’hobby dell’arte, che gli mette a disposizione spazio nello stabilimento. I problemi non finiscono qui: deve produrre modelli in gesso a grandezza definitiva, da mandare in fonderia per tradurli in bronzo. Prova a modellare tutto in creta, ma la cosa è impossibile. Cambia tecnica e realizza i modelli direttamente in gesso, la “tecnica” gli è stata consigliata da Marilli, un esperto abbozzatore-formatore carrarino che lo aiuterà poi per molto tempo in tanti lavori di grandi dimensioni. Il lavoro riprende ad andare avanti, con grande sollievo anche per l’artista. I modelli vanno in fonderia, le parti in marmo sono ordinate, vengono definiti il fonditore per la campana ed il costruttore del sistema ad orologeria; il tutto è sistemato in sito.
Il 18 settembre 1927 c’è l’inaugurazione con la presenza del Re, la massima autorità dello stato; è una grande festa per la città, per quanti si sono impegnati e per lo stesso Venzano. Per lui alla sera, all’arrivo alla stazione di Sestri, ci sarà una graditissima sorpresa: ad attenderlo per dirgli il suo <bravo !> c’è la cittadinanza, banda della Filarmonica C. Corradi in testa. L’entusiasmo e la riconoscenza dei savonesi per la bellezza e l’originalità dell’opera realizzata ripagherà Venzano al pari dei quattrini che adagio adagio il comitato riesce a raggranellare ed a spedirgli, anche parecchio tempo dopo il completamento dell’opera. Non mancano significativi apprezzamenti di colleghi, come testimoniano le lettere ricevute per l’occasione da E. Baroni, G. Micheletti, E. Martinengo.
Quasi contemporaneamente si avvia il progetto per il monumento ai caduti di Sestri. Luigi Venzano rimarrà per tutta la vita una persona dagli atteggiamenti modesti e riservati, ma questo non significa che lui non senta e non conosca il suo valore. Le affermazioni ottenute (borse di studio e concorsi) dove ha sempre gareggiato fidando unicamente delle sue capacità, gli danno anche una valutazione oggettiva di queste sue sensazioni. Quando Sestri, la sua cittadina natale, indice un concorso, lui, che a Sestri ormai era chiamato “lo” scultore, si sente tradito, e non partecipa. L’esito del concorso è però deludente ed il Comitato, con decisione unanime, annulla il concorso stesso ed affida l’incarico di realizzare il monumento al concittadino Luigi Venzano. La sua risposta è pronta ed appassionata: presenta quattro bozzetti, ambientati in tre diversi punti di Sestri (piazza Prefumo, piazza Colombo e piazza Nazario Sauro). Le proposte dell’artista sono presentate al pubblico (1923 ?), esponendo i bozzetti nel salone del palazzo comunale; viene fatta una scelta a favore del bozzetto che rappresenta con tre figure il sacrificio dei Caduti che si è compiuto in terra, sui mari e, per la prima volta in maniera sensibile, anche nei cieli. Ma subito ci sono dei ripensamenti che interrompono i lavori prima ancora che inizino: forse l’ubicazione scelta non è sufficientemente monumentale. Si chiede a Venzano di studiare altre soluzioni: ne nasce una, particolarmente teatrale e retorica nella piazza della Chiesa, al posto del circolo dove suona la banda musicale. Seguono discussioni, indecisioni, perdite di giorni e mesi, forse il tutto in qualche modo complicato dai rivolgimenti politici in atto. Infine (1925 ?), forse quando anche Venzano non ci sperava più, si ritorna definitivamente alla decisione iniziale, per il gruppo dei tre caduti da sistemare in piazza Colombo (attuale piazza Monte Santo): l’artista può riprendere a lavorare. Modella le tre statue ad un terzo della dimensione finale, come ormai è abituale per lui. Come ormai è pure solito, posano per lui gratuitamente alcuni personaggi dell’ambiente sportivo sestrese; lo scultore dedica come sempre grande interesse per lo studio anatomico delle figure. La prospettiva di firmare una grande opera per la sua città lo esalta; per tutta la vita considererà quest’opera come la sua migliore! Tra i committenti, i fautori di una visione più retorica del monumento ritornano alla carica: hanno ingoiato l’idea dello scultore di effigiare eroi nudi, ma non riescono a vedere le tre statue così isolate, con un gran vuoto al centro. Le discussioni sono lunghe, nel grande studio di via Balilla lo scultore realizza, impiegando i modelli ad un terzo, diverse soluzioni; alla fine cede ed accetta di “completare” la sua opera con un corpo architettonico centrale costituito da tre colonne che sostengono un’ara. Si concentra nuovamente sulle tre figure, da riprodurre in gesso in dimensioni definitive per passare alla fusione. Quando la statua del caduto di terra è quasi finita ha un ripensamento: quello che ha modellato è un uomo che dalla trincea lancia bombe, non è un uomo che si sacrifica! Abbandona tutto ( la statua pressochè ultimata rimarrà nello studio sino al dopoguerra quando sarà costretto a distruggerla, dovendo ridurre lo spazio a sua disposizione per affittare il rimanente e poter contribuire in questo modo alle esigenze economiche della famiglia). Modella, prima nella solita grandezza di un terzo e poi in grandezza definitiva, un uomo che muore sui reticolati. Si va finalmente in fonderia. Il fonditore è Capecchi di Pistoia, con il quale ormai ha fatto la gran parte dei suoi lavori. A Pistoia Luigi può anche appoggiarsi ai cugini Tito e Dolores Rapallo; Tito è impiegato amministrativo della San Giorgio, e si è trasferito a Pistoia quando la società dove lavora ha aperto lì il suo stabilimento ferroviario. Come al solito Luigi Venzano ha una cura particolare per le cere, che ritocca nei minimi particolari. Lo scultore Trentacoste, che anche lui fonde da Capecchi, vede questo giovane scultore ligure al lavoro, rimane colpito dalle sue opere, lo vuole conoscere, gli preannuncia un avvenire ricco di soddisfazioni, lo invita a Milano, nel suo studio.
Quando il monumento è già completamente realizzato e posto in opera, Luigi Venzano fa l’ultima battaglia contro le teatrali “colonne centrali”. E’ ascoltato finalmente, le colonne vengono tolte e sostituite con una bassa corona centrale, che lascia libero lo spazio, restituendo al monumento il suo sviluppo perimetrale. C’è una appendice amministrativa: con questi rifacimenti il comitato non ha più soldi per saldare il debito con lo scultore: manca una sommetta . Il comitato propone di dare in pagamento le tre colonne tolte.
“Cosa ne faccio? Me le metto in tasca?”.
“Lei è un artista, forse potrà usarle, nel frattempo le depositiamo a sua disposizione nella villa Parodi”.
La storia contabile finisce così, ma il monumento ha assunto finalmente la forma dell’idea iniziale, quasi un lume ad olio dove le statue dei caduti hanno preso il posto delle tre fiamme; la fiamma per Luigi Venzano ha sempre rappresentato vita, spiritualità, ideali.
Il monumento viene finalmente inaugurato il primo dicembre 1929 ed il Presidente del Comitato Promotore consegna l’opera al podestà della Grande Genova, della quale Sestri è ora una delegazione. Tutta Sestri è orgogliosa del suo monumento: quasi tremilacinquecento cittadini, senza distinzione di ceto, carica ed opinione politica, firmano una pergamena di ringraziamento per lo scultore. Un gruppo di oltre trecento Sestresi indice volontariamente una sottoscrizione per testimoniare la gratitudine con il dono di una ricca medaglia d’oro. I coetanei della classe 1885 gli regalano un album ricordo.
Contemporaneamente al monumento di Sestri esegue anche quello di Borzoli. I promotori del comune vicino si sono affidati con molta più fiducia allo scultore sestrese e l’opera, anche se di dimensioni modeste, risulta molto spontanea. Una statua di dimensioni poco più che naturali rappresenta il caduto, nel momento in cui si sacrifica. Ancora un nudo (“come viene alla vita”), rappresentato con la solita cura ed efficacia. La statua è in marmo, ed anche questo lo appaga (già per il monumento di Sestri aveva proposto la esecuzione in pietra, che non aveva però incontrato l’approvazione della committenza). L’ubicazione è di fronte al cimitero, tra gli alberi di un costituendo parco della Rimembranza. L’opera viene inaugurata nel 1925.
Gli anni venti vedono Luigi Venzano impegnato in altri concorsi per opere pubbliche, anche se senza successo. A Ventimiglia presenta il bozzetto “Barriere”: tre figure maschili (evidentemente pensava agli stessi studi impiegati nella “Leva”) abbattono un palo di confine. Per Alessandria propone “Il solco”, un’opera di grandi dimensioni anche se di impostazione decisamente retorica. Nel 1924 partecipa anche al concorso indetto dal Comune di Genova per la erezione di un monumento a Goffredo Mameli, nella rotonda di via Corsica. La Giuria all’unanimità giudica insufficiente il livello delle opere presentate e propone di non passare all’assegnazione del lavoro. Tuttavia tra tutti i bozzetti ne individua alcuni come più meritevoli, per i quali chiede la assegnazione di un premio; tra questi c’è il bozzetto di Venzano.
Per tutti gli anni venti la presenza di Luigi Venzano sulla scena artistica ligure è decisamente di primo piano. Il suo studio di Sestri diventa punto di incontro di artisti affermati ed emergenti, come Eugenio Baroni ed il giovane Francesco Messina, l’affezionato Fossati. L’Accademia Ligustica di Belle Arti, a riconoscimento delle capacità maturate e dei livelli artistici raggiunti da questo suo allievo, nel 1923 lo nomina Professore di Merito per la classe di Scultura. Un titolo del quale Venzano si è sempre fregiato con orgoglio, e questo è tanto più significativo, trattandosi di un uomo estremamente schivo e riservato.