Il periodo Romano doveva durare quattro anni. La guerra di fatto lo dimezzò, ma rimase tuttavia un fatto importantissimo nella formazione artistica di Luigi Venzano. Tutto viene vissuto in una dimensione nuova, ed il contatto con il patrimonio artistico classico e rinascimentale è scioccante. A Roma vive in quel periodo una colonia di genovesi, e di sestresi in particolare. C’è Pinasco, anche lui con un pensionato dell’Accademia Ligustica, c’è Carlin Rixi, diventato tecnico elettromeccanico (di Koerting ?) e lì trasferitosi prima temporaneamente e poi definitivamente per motivi di lavoro. Un altro sestrese è don Carmelo Conte, un lontano cugino che diventerà avvocato della Sacra Romana Rota; sacerdote moderno e tollerante si farà compagnia con Luigi, che in questo periodo certamente non si può dire un cattolico praticante, facendogli sentire anche qualche Messa
“aveva la dispensa per poter celebrare in qualsiasi chiesa, così a volte, mentre giravamo per Roma, mi chiedeva di seguirlo in chiesa dove celebrava la Messa; era velocissimo e poi riprendevamo i nostri giri alla scoperta delle bellezze di quella città”.
Forse già in quel periodo era a Roma anche Tullio Cavagnaro, altro sestrese, ragioniere, pressochè coetaneo ed amico, che mise le radici a Roma e divenne in seguito Amministratore dei Beni della Real Casa sotto Vittorio Emanuele III.”
Luigi Venzano abita e lavora in uno studio in affitto, situato in una soffitta di via Ripetta. Prima ci abitava un giovane pittore russo (?),scappato senza pagare la pigione lasciando lì colori, tavolozza e qualche tela, materiale che Luigi “erediterà” portandolo poi con sè a Genova. “Lavorare” per la verità non è il verbo corretto, infatti a Roma vuole soprattutto studiare: modella quindi per esercitarsi e fissare le esperienze, non per vendere. Abituato a fare economie da sempre, riesce a vivere con il pensionato, forse a volte riesce anche a mandare qualcosa a Papà Checco. La vita è comunque quella del bohemien, sostanzialmente per autentica necessità ed un poco forse anche per posa
Qualche pranzo dal “Passetto” ed i concerti all’Augusteo se è appena arrivato il “bimestre”, un uovo al tegamino cucinato in studio ed una passeggiata sui lungotevere quando il prossimo “bimestre” stenta ad arrivare.
Appena giunto a Roma si è iscritto alla Scuola Libera del Regio Istituto di Belle Arti di Valle Giulia, ma non trova lì l’ambiente interessante e stimolante che aveva sperato. Pur continuando a frequentare questa accademia, la sua vera scuola diventano sempre più la Galleria d’arte Moderna, il Museo delle Terme ed i Musei Vaticani, le Gallerie e le Chiese dove sono conservati i tesori del nostro Rinascimento. Le opere più significative di questo periodo e che ci rimangono sono IL PESCIVENDOLO, chiaramente ispirato all’acquaiolo di Gemito, e IL MIETITORE, più vicino agli impressionisti (“L’età del bronzo” di Rodin). Per il primo gli posa un pastorello ciociaro, che scende a Roma per vendere le mozzarelle ed arrotonda posando per gli artisti per pochi soldi
“non usava calze nè scarpe, ma fasce legate con lacci, come si vede nelle figurine del Presepe. Era intimamente intriso di odore di bufala e lasciava nello studio una traccia persistente”.
Nel 1916 la generale chiamata alle armi interrompe questa attività. Luigi Venzano rientra a Genova, si deve presentare e viene immediatamente arruolato, pur non essendo più giovanissimo (31 anni) e classificato soldato di terza classe. Presta servizio nel Genio e viene passato al Genio Aeronautico. Inizialmente è a Binasco, poi a S. Maria Capua Vetere, dove diventa il furiere del campo scuola di Aviazione. Per la verità vive la guerra 15-18 in maniera non molto militare, senza sparare un colpo, neppure a salve, facendo qualche esperienza di pratiche burocratiche ed avendo l’occasione di volare più volte sugli ardimentosi aerei dell’epoca costruiti di canna e tela (Farman, SVA). L’esperienza del volo lo appassiona non poco: acquista anche alcuni libretti di tecnica aeronautica; si fa portare in volo dai colleghi piloti ogni volta che è possibile; in seguito ricorderà con piacere di essere stato con l’aeroplano più in alto del Gran Sasso.
Finisce la carriera militare con il grado di sergente a guerra finita. Con il comandante del campo, un principe romano, ha aperto una sorta di goliardica lotta su chi sarebbe tornato a casa prima. Luigi, non appena arriva in fureria il telegramma con le disposizioni per mettere in congedo la classe 1885, prende una licenza in bianco, prefirmata per le situazioni eccezionali, la intesta a se stesso e “scappa” a Genova. Lì lo precederà un telegramma del comandante del campo, sboccato ma indubbiamente sportivo: “Venzano, genovese paraculo, me la hai fatta”.